• Sabato 12 gennaio 2019 ore 17:00

    Palazzo Stella - inaugurazione

     

    VERTIGINI

    mostra personale di Plinio Mesciulam

    a cura di Mario Napoli

     

    aperta fino al 23 gennaio 2019

    dal martedì al venerdì ore 9:30–13:00 / 15:00–19:00

    sabato ore 15:00-19:00

    Genova, SATURA Palazzo Stella

     

     

    A venticinque anni dalla prima mostra del grande artista genovese ospitata in occasione dell’inaugurazione dell’Associazione nel lontano 1994, SATURA omaggia PLINIO MESCIULAM, con la mostra personale “Vertigini” a cura di Mario Napoli. L’appuntamento è per sabato 12 gennaio alle ore 17:00, nelle suggestive sale di Palazzo Stella a Genova. La mostra resterà aperta fino al 23 gennaio 2019 con orario dal martedì al venerdì 9:30–13:00 / 15:00–19:00, il sabato 15:00–19:00.

    La mostra presenta venti opere mai esposte scelte tra quelle raccolte nel bellissimo volume “VERTIGINI. Elegia per una città”, con testi dell’Autore e di Martin Krampen. Si tratta di opere dedicate alla città di Genova, realizzate negli anni 1994-1995, e che ora assumono un maggiore significato, oltre che per la forza storica dell’operazione artistica, per il momento che sta vivendo Genova dopo il crollo del Ponte Morandi e per l’inizio di quest’anno in cui si celebra il venticinquesimo anniversario di SATURA.

     

    “Genova è solo vertigine, perché ogni cosa è spinta a calci nel suo opposto. […] La bellezza, come te, Genova, è vertigine. In questo rutilare della mente ti accorgi, allora, che tutta quest’ansia di assoluto è costretta a ridimensionarsi accettando un po’ di relativo, un qualcosa di compromissorio, di contaminato, affinché si viva, affinché si possa procedere. C’è, a questo punto, la totalità della visione ed il mio ritrovarmi piccolo, con i mezzucci, davanti ad essa. Allora, prendo il coltellino e taglio, squarcio, offendo, impasto, trituro, incastro brani di foto di miei dipinti con brani di foto di luoghi del mio percorso urbano e, a volte, anche brani di foto di miei lavori tra loro. Tutto si relativizza: la mia pittura ed il paesaggio che fotografo. Essi entrano l’una dentro l’altro e viceversa. Oltre la pittura ed oltre la fotografia, in un reciproco alienarsi. Agisco con la pittura, ma con l’arrière-pensée che essa è sottoposta all’ineluttabilità quasi escatologica della riproduzione fotografica. Per contro agisco con la fotografia, ma con la consapevolezza maligna che essa sarà violentata dal mio gesto di pittore, non importa se col bisturi (il più delle volte) o col pennello.

    In questo modo avvisto, mi nascondo, mi nego, mi rivelo, assassino, carezzo, metto tra parentesi, fisso come un ossesso per il possesso le foto della prima fase di questa operazione: il safari. Infatti è un’operazione che non parte da nessun ready-made, ma da riprese e stampe originali. Dal primo perlustrare e scattare all’ultimo ri-fotografare, c’è tutto un circuito operativo i cui esiti parziali (come, del resto, quelli finali), possono sempre essere riattivati e relativizzati. Arrivo così a sentire la fotografia come protesi fantasmatica della pittura. No uso infatti la fotografia per negare la pittura, ma per trasferire questa in una dimensione ulteriore.

    Il propellente vitale di questa operazione è la passione, anche nei suoi aspetti più bassi, come l’astio proveniente da tante insofferenze dovute alla mia lunga, sisifea lotta per l’autonomia del fare arte. E con passione, la passione di un amante mai sazio, continuo a muovermi tra queste strade, tra queste scalinate, tra queste discese, pietre, erbe, piante, vetri, ruggini, polveri, fanghiglie. O Genova, Genova, appartieni al mondo e sei dei nostri tempi.” (Plinio Mesciulam, 1995)

     

    Plinio Mesciulam nasce a Genova nel 1926 dove vive e lavora. Esordisce nel 1948 a Roma alla V Quadriennale nel contesto della pittura astratta italiana del dopoguerra.

    Nel 1952, dopo aver conosciuto Atanasio Soldati, su sollecitazione di Monnet aderisce al MAC contribuendo con ricerche sul rapporto colore-spazio architettonico. A cavallo dei ’50 e dei ’60 elabora una maniera “materica” con l’uso del cartone ondulato, che Dorfles, presentandola, definisce “originale”. In seguito ritiene superata l’alternativa iconico-aniconico. Prosegue la ricerca sulle immagini a la materia pittorica. Dal 1973 “Il Segno precario” (fotografia e scrittura manuale), dal 1976 “L’arte ostensoria: Epifanie Ostensibili” (cortei di giovani con insegne), presentate e sostenute da Francesca Alinovi alla settimana internazionale della performance a Bologna 1977. Sempre nel 1976 inizia l’operazione “MOHAMMED” che si concreterà nel “Centro di Comunicazione Ristretta” (1977) e che durerà fino al 1981. È un lavoro sulla comunicazione (Net Art) che da Pierre Restany verrà definito “incunabolo di internet”. Il Centro Mohammed si espande in tutto il mondo, suscitando l’interesse, la partecipazione e l’omaggio di vari esponenti dell’avanguardia internazionale, da Beuys a Restany, Rainer, Boetti, Ben Vautier, Chiari, Kushner, Friedman, Vaccari, Bartolini, Paladino, Pignotti, ecc. Una copia dell’archivio del Centro Mohammed viene acquisita dal Jean Brown Archive di Tyringham nel Massachussets e successivamente acquisita dal Getty Museum di Santa Monica. Dal 2005 le “Tavole auto-ostensione” (auto-ostentazione del proprio discorso). Fino all’attuale lavoro sulla coppia (l’amore dell’uomo verso la donna) in un contesto tecnico-formale detto ARCHIPITTURA (pittura che si protende verso lo spazio circostante difendendosi).