• Continua fino al 5 novembre, presso SATURA art gallery, Piazza Stella 5/1 Genova, la mostra “Omaggio a Martino Oberto” ricordo postumo. La mostra, a cura di Mario Napoli, rimarrà aperta con il seguente orario dal martedì al sabato 15:30 – 19:00.

     

    La ricerca artistica di OM prende avvio da personali studi filosofici attorno agli anni cinquanta. La propensione a considerare il pensiero filosofico la principale fonte per la creazione, lo conduce verso uno dei progetti più importanti e complessi cui si dedica dal 1958 al 1971: ‘AnaEccetera’, rivista di filosofia astratta e linguaggio. Ana è il prefisso che trasforma il significato profondo di ogni termine o concetto, la personale lente che Oberto sfodera per rileggere il mondo. Ana è anche l’inizio della parola “Anarchia”, segno della volontà di non sottostare ad un ordine di parametri culturali prestabiliti, e simbolo dell’atteggiamento utopistico di chi desidera agire (a)politicamente per mezzo del linguaggio e, in definitiva, dell’arte.

    Dopo l’esperienza editoriale legata adAnaEccetera’,  il prefisso Ana  non verrà più abbandonato, ma subirà continui adattamenti terminologici (“Anafilosofia”, “Anartattack”), dimostrando come il “testo ana”, che sia stampato o che sia dipinto, costituisca l’unico atteggiamento filosofico possibile.

    E’ l’idea della “prova a  spensare”. “Io spenso”, afferma l’artista, manifestando quella libertà che è la piattaforma di lancio del pensiero, la base di partenza da cui tutto è possibile.

    Nel 1974 Oberto è tra i firmatari del Manifesto della Nuova Scrittura, storico gruppo composto da Vincenzo Accame, Ugo Carrega, Corrado D’Ottavi, Vincenzo Ferrari, Liliana Landi, Rolando Mignani, Anna Oberto e Martino Oberto, in cui, a fronte di un orientamento non univoco, si possono identificare alcune precise intenzioni comuni, come quella di portare avanti una pratica della scrittura come analisi specifica dei suoi processi interni, da cui deriva la materializzazione visiva della scrittura stessa.

    Negli anni Sessanta e Settanta è impegnato in diverse iniziative editoriali e culturali: elabora il ‘Journal Anaphilosophicus’, aderisce al Circolo Anarchico Ferrer, edita in autonomia ‘Aefutura’.

    Dopo le esperienze di ‘AnaEccetera’ e della Nuova Scrittura, caratterizzate da un uso più tipografico, concettuale e descrittivo della scrittura, Oberto si rivolge con particolare attenzione al segno pittorico. La scrittura diviene più poetica ed allusiva, fatta di aforismi derivati dalle numerose passioni di studio filosofico e letterario, in cui i significati si condensano in pochi termini, aprendo allo spettatore un panorama ricco di allusioni culturali.

    A questa modalità corrisponde una gestualità libera, così libera che a volte ignora (volutamente) ogni possibilità di comprensione attraverso il canale convenzionale.

    Mettendo a confronto il periodo degli anni Sessanta e Settanta con i decenni successivi, si nota un mutamento (graduale) nel rapporto tra segno, intenzione e significato: la tensione libertaria e la demolizione delle strutture logiche grammaticali, che caratterizzava ‘AnaEccetera’ dava al lettore l’impressione di potere interpretare il testo, per via della sua stesura, per così dire, più lineare, talvolta tipografica. Ma si trattava di un’illusione, i testi erano volutamente ermetici, proliferanti e volti a offrire un panorama stratificato di possibili interpretazioni.

    Quello stesso ermetismo ci viene restituito dall’artista attraverso il segno. Un segno che dagli anni Ottanta diventa estremamente gestuale, pittorico, e tratta il linguaggio con un codice non usuale, a fronte di una frase, uno slogan o un aforisma che, per sua natura è un condensato di pensiero in poche parole.

    Negli anni Novanta prende il via il progetto “Art attack”, e “Anartattack”, in cui il segno si fa insistente fino all’horror vacui, ponendo la tela come soglia tra un pensiero in entrata, che oltraggia e sfonda, e un pensiero in uscita. Dalla membrana verso lo spettatore, la tela è la piattaforma di proiezione di un universo mentale divenuto quanto mai denso e sempre più virtuale, potenziale. Ma in fondo, scrive Oberto stesso in un recente lavoro, “non c’è niente da capire per una lettura emozionale del testo”. (Lorena Giuranna)




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